RASSEGNA STAMPA

La Repubblica - Ore 21,50 sentenza choc "Niente torture a Bolzaneto"

Genova, 15 luglio 2008

Ore 21,50 sentenza choc "Niente torture a Bolzaneto"
Solo quindici condanne: "Un verdetto a metà"
Lo schiaffo di Bolzaneto
Il pm Ranieri Miniati "È stato riconosciuto che in quella caserma è accaduto qualcosa di grave"
MASSIMO CALANDRI
MARCO PREVE

I pochi reduci presenti in aula scuotono la testa o si abbracciano tra loro. Non bastano i due milioni di euro che dovranno essere versati alle parti civili, a cancellare lo sconforto che li assale dopo al lettura della sentenza. Per il carcere speciale di Bolzaneto, per le violenze e gli abusi subiti da centinaia di detenuti del luglio 2001, il processo si chiude con al condanna di 15 imputati e l´assoluzione di altri 30. I reati riconosciuti dai giudici confermano l´abuso di autorità ma vengono meno i motivi abbietti, la crudeltà, e altri comportamenti vessatori che insieme servivano a disegnare un profilo di ipotetica "tortura" reato non presente nell´ordinamento italiano e che probabilmente è destinato a starne ancora lontano.
Ieri sera alle 21.50 c´erano anche altri abbracci nell´aula magna di palazzo di giustizia. Erano gli avvocati di alcuni dei poliziotti, dei medici, o delle guardie penitenziari assolti.
Tra i pochi imputati presenti in aula anche l´ispettore Aldo Tarascio, una lunga militanza nel sindacato Cgil che è stato assolto assieme al collega della questura di Genova Franco Valerio per non aver commesso il fatto.
Tra i condannati, alcuni dei principali imputati.
Alessandro Perugini che all´epoca era il vice dirigente della Digos è stato condannato ad una pena di due anni e quattro mesi. Stessa pena Anna Poggi, una funzionaria che era la sua più stretta collaboratrice all´interno di Bolzaneto.
Per l´ispettore della penitenziaria Biagio Gugliotta la pena più pesante: 5 anni di reclusione. Pesante la pena inflitta anche ad un agente genovese, Massimo Pigozzi, 3 anni e due mesi, per aver letteralmente lacerato la mano ad un fermato divaricandogli le dita.
Tra le posizioni più difficili quella di Giacomo Toccafondi, il medico del Dipartimento penitenziario accusato da più testimoni e imputato per numerosi episodi. Per lui i pm avevano chiesto oltre tre anni, ed è stato invece condannato ad un anno e due mesi. Un altro medico, Aldo Amenta, ha avuto una pena di dieci mesi. Le altre condanne: Daniela Maida, un anno e sei mesi; Matilde Arecco, Natale Parisi, Mario Turco e Paolo Ubaldi, un anno di reclusione ciascuno; Antonello Gaetano, un anno e tre mesi; Barbara Amadei, nove mesi; Alfredo Incoronato, un anno; Giuliano Patrizi, cinque mesi. Assolti tutti i carabinieri, altri agenti della penitenziaria e poi anche i generale della stessa amministrazione Oronzo Doria, per il quale erano stati chiesti tre anni e sei mesi.
«Nella sostanza l´accusa di abuso d´autorità è stato riconosciuta. Inoltre è stata riconosciuta la responsabilità di diversi imputati». Questo il commento a caldo del pm Vittorio Ranieri Miniati. «E´ stato riconosciuto - ha proseguito Miniati, che ha sostenuto l´accusa insieme a Patrizia Petruzziello - che qualcosa di grave nella caserma di Bolzaneto è successo. Il tribunale ha ritenuto di assolvere diversi imputati. Leggeremo la sentenza e valuteremo se fare appello. Complessivamente è un giudizio di soddisfazione a conclusione del processo e dopo un´istruttoria che ci ha impegnato per anni».
Laura Tartarini, avvocato e una delle anime del Genoa Legal Forum: «E´ una sentenza che contiene un evidente messaggio politico. Mettere la gente al muro e obbligarla a dire e urlare viva il Duce o viva Pinochet non è abbietto o futile. Ed è strano, perché questo stesso tribunale ha parlato di futilità giudicando le zuffe degli ultrà del calcio. Ma, evidentemente, i parametri probatori per i poliziotti sono diversi e molto "più alti" di quelli dei normali cittadini».
Sandro Vaccaro difensore del medico Toccafondi: «A Bolzaneto ci sono stati dei reati, è vero, ma erano fatti specifici, non ci sono state sevizie o abusi di ufficio. In altre parole Bolzaneto non era una lager».